In un caldo pomeriggio primaverile, agli stagni Patraršie a Mosca, il poeta Ivan Nikolaevič Ponyrëv, detto Bezdominyj e il direttore di un giornale nonchè presidente di una delle associazioni letterarie più importanti di Mosca, Michail Aleksandrovič Berlioz discutono dell'esistenza di Gesù Cristo. Il secondo deve scrivere, per conto del primo, un poema antireligioso che dimostri che Gesù non è mai esistito. Improvvisamente compare davanti a loro il diavolo, nei panni di un individuo ambiguo e misterioso che dice di essere uno straniero e che intromettendosi nella conversazione asserisce che Gesù è esistito eccome, che Dio esiste e che sussistono ben sette prove della sua esistenza. I due scettici non gli credono e iniziano a pensare di avere a che fare con un pazzo. L'ambiguo straniero incalza e a riprova della sua tesi, inizia a descrivere nefasti presagi che attendono il direttore del giornale, il quale preso dal panico, tenta una fuga improvvisa, correndo verso i binari della stazione e non accorgendosi che è in arrivo un tram, ne viene travolto, finendo con la testa mozzata, esattamente come predetto poco prima dal diavolo. Il poeta Bezdomnyj che ha assistito a tutta la scena, sconvolto, prova a inseguire il losco individuo, senza riuscirci. Così si precipita al circolo letterario per avvisare gli altri letterati dell'associazione letteraria MASSOLIT e per convincerli che il responsabile altri non è che il diavolo in persona. Ovviamente nessuno gli crede, anzi pensano che sia impazzito e lo fanno internare in un ospedale psichiatrico.
Nel frattempo il diavolo si aggira per Mosca, insieme alla sua cricca composta da Behemoth (un gatto parlante grassoccio e dai modi buffoneschi), Azazello, (un tizio losco dai capelli rossi, un occhio con un leucoma e una zanna che spunta asimmetricamente da un angolo della bocca), Koro’evev, uno strano individuo alto e magro, con gli occhialetti e una camicia a quadretti e infine una strega di nome Hella, semina disordine e caos. Il piano è quello di indire una serie di spettacoli allo scopo di irretire i moscoviti, dimostrare la loro dissolutezza e spazzare via anche l'ultima briciola di moralità.
Da questo primo rocambolesco quadro, si prefigura quel che è un romanzo molto complicato, grottescamente comico, più di tutto surreale, ma che oltre il velo del surrealismo espone un’attenta e aspra critica della società moscovita sotto il regime comunista, una invettiva impietosa che sventra il corpo sociale e lo analizza minuziosamente in tutti suoi organi, culturale, politico, religioso. È una critica all’ateismo imposto dal regime e corroborato da un intellettualismo esasperato; è una critica all’anticristianesimo, alla mancanza di fede e al rifiuto dell’esistenza di Dio, una critica a una società ormai deragliata, sempre più corrotta e corruttibile, sempre più lontana dalla verità e per questo più suscettibile alla fascinazione del male, che invece è mistificazione della realtà, mascheramento, illusionismo.
Si tratta di un caso di ipnosi collettiva, vien detto spesso nel romanzo, per spiegare il soggiogamento dei moscoviti agli scherzi del mago Woland, come si fa chiamare il diavolo. Un incantesimo che può avvenire perché vi è un terreno fertilissimo, gli individui sono privi di moralità, privi di valori che consentano loro di accorgersi del gigantesco raggiro di cui stanno per essere vittime. Essi sono ciechi di fronte alla verità, perché l’unica logica che comprendono è quella del denaro e del potere. Emblematico che durante il primo spettacolo del diavolo al teatro Varietà, in uno stato di esaltazione tutti gli spettatori si affannino ad afferrare banconote volanti, creme di bellezza e vestiti lussuosi. Ma non è che la prima di tante illusioni: le banconote infatti si trasformano presto in etichette di bottiglie, i vestiti scompaiono lasciando nudi chi li aveva indossati. Ecco che tutto ciò che apparentemente luccica e ha valore, non tarda a rivelare la propria falsità, nonché la propria inutilità.
Il diavolo si configura qui, in modo del tutto paradossale, come un operatore del bene. Difende l'esistenza di Cristo, smaschera la malizia dei moscoviti, recupera manoscritti distrutti, ricongiunge amanti separati, libera gli animi dai tormenti, concede, su richiesta di Jeshua, il perdono a Pilato. Questi non appartiene infatti al diavolo, ma a Gesù. Come anima pentita e tormentata dal suo peccato, anelante al perdono, non è di nessuna utilità alle diavolerie di Woland. Il diavolo di Bulgakov sguazza nella scelleratezza degli uomini ma non può nulla contro la superiorità del bene e lo ammette placidamente, nella consapevolezza che il destino del mondo è un destino che anela al bene.
- Si ripete la storia di Frida? - disse Woland - Ma, Margherita, qui non devi inquietarti. Tutto sarà giusto, su questo è costruito il mondo.
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